Un primo passo nel Dojo

L’esperienza di Benedicta

Oppure si rimane nel mezzo tutta la vita, e il multitasking te lo sogni. Per le persone che si identificano con il primo gruppo il solo pensiero di partecipare ad un’attività del genere, specialmente senza aver esperienza pratica o logica con la programmazione, sembra assurdo, anche solo essere in una stanza con un gruppo di tecnici, programmatori, insomma la gente che ci sa fare, da misero amante di poesie e frivolezze artistiche, ti fa sentire piccolo e obsoleto.

Ti muovi per le stanze cercando di renderti utile in qualche modo, svolazzi incessantemente da una postazione all’altra, sperando che a qualcuno serva un qualcosa di pratico, uno “stampa questo” o “attacca quest’altro”, e invece no.
Metti la USB e scarica il programma, il panico sale, perché a cos’è una chiavetta ci arrivi, ma al Disco C ti fermi e sudi freddo. Questi piccoli ostacoli per qualcuno che con la “tecnologia” non va a nozze sembrano insormontabili, e malgrado l’esagerazione e la drammaticità sia tanta, la sensazione di non appartenere rimane e spaventa.
Ma una volta messo piede nel Dojo, tutto svanisce. Ti ritrovi circondato da persone con una fervente passione, e non ti importa più quale sia, non importa più quello che senti dentro ma quello che vedi fuori e lo ammiri fino alla fine. Piccoli e grandi che non vedono l’ora di cominciare, che vogliono veramente essere partecipi.
Una volta iniziata la lezione non importa se si è maschi o femmine, bravi o meno, importa solo lavorare sul progetto. Ci si aiuta a vicenda, I piccoli studenti tra di loro, ogni tanto non vengono a mancare gli occasionali bisbigli dei Mentor in cerca di suggerimenti dal più paziente della classe, che con uno sbuffo deciso li rimette a pari passo con la lezione per l’ennesima volta. Tutti sulla stessa linea d’onda, l’età non conta più, anche se solo per un momento, e in queste giornate di CoderDojo torniamo bambini anche noi.
Se mi avessero chiesto di partecipare qualche anno fa, avrei probabilmente rifiutato. Per qualcuno che è estraneo al mondo della programmazione, la sola idea di immergercisi un poco sembra un passo più che monumentale. Ma dopo aver visto tutti quei sorrisi, tutta quella volontà di imparare ma sopratutto di insegnare, non si può tornare indietro. Si va al prossimo incontro, ogni volta con la speranza e la voglia di capire sempre di più, di vedere la felicità negli occhi di qualche bambino o genitore, pronto a ripetere gli esercizi della giornata sul PC di casa.
E’ meraviglioso quando qualcosa, da fuori così estraneo, riesca a diventare attività di tutti e forse per alcuni scuola di vita. Noi saremo lì con voi, continueremo a partecipare a questa esperienza che è il CoderDojo, anche se lo faremo più alla maniera di Giacomo Leopardi che non quella di Zuckerberg.

Benedicta Mary Lee